lunedì 9 luglio 2007

Bidoni ai risparmiatori, 7 banche condannate in appello per SCI

Azioni-spazzatura scaricate dalle banche sul mercato: 7 istituti sono stati condannati in appello (a dieci anni di distanza dai fatti). Eppure il caso SCI non ha appassionato i mezzi di informazione. Ne ha parlato S. Elli, Sole 6/7/07 (anche se solo a pag. 39, in basso).


Cariplo-Intesa, Carige, Crt e Credito Italiano, Banca di Roma, Sanpaolo e Centrobanca. Sette banche (che dopo le fusioni si sono ridotte a quattro) sono state condannate in appello per le conseguenze di Borsa del crack della Sci, Società italiana costruzioni. A riaffermare una precedente sentenza del Tribunale di Milano è stata la seconda sezione della corte d'Appello, relatrice Vinicia Calendino. Opposti agli istituti di credito 15 investitori difesi dall'avvocato milanese Cino Raffa Ugolini. Confermato anche il risarcimento del danno di 200mila euro. Una somma non certo proporzionata rispetto ai rilievi mossi dai giudici sia di primo sia di secondo grado che si spingono ad avanzare l'ipotesi di manovre sui titoli basate su informazioni privilegiate (un'ipotesi già esaminata e archiviata dalla Procura di Milano). I fatti. La Sci, società allora quotata in Borsa e fondata dalla famiglia Romanengo, era gravata da tensioni finanziarie. Nel settembre del 1995 venne raggiunto un accordo tra la società e le banche. Punti cardine: il consolidamento del debito e la conversione del credito in azioni. Alla fine le sette banche raggiunsero in Sci una quota di controllo (78,1% del capitale) e sei di loro (tutte tranne Centrobanca) si riunirono in un comitato ristretto. Nel frattempo un advisor (la Vitale & Borghesi) venne incaricato di elaborare un piano di ristrutturazione e rilancio. Gli eventi cominciarono a precipitare il 10 giugno del 97 (allora il titolo valeva 14,5 lire) quando un dossier confidenziale della V&B successivo a un'offerta di acquisto da parte di una società americana (la Tamarix), informò le banche di perdite ulteriori per 30 miliardi di lire e ulteriori potenziali esborsi per 70-115 miliardi. La situazione venne discussa l'11 luglio nel corso di un comitato ristretto delle banche. Il 25 luglio l'intero Cda della Sci si dimise in polemica con la presa di posizione delle stesse banche che non accolsero la condizione dell'esclusiva posta dal cavaliere bianco per procedere all'acquisto. Paradossalmente il titolo a Piazza Affari cominciò a salire sino a raggiungere, ad agosto, le 30 lire con una capitalizzazione di Sci che raggiunse i 160 miliardi di lire. Ed è proprio in queste fasi che le banche cominciarono ad alleggerire i propri portafogli di azioni cedendole su un mercato ringalluzzito anche grazie a numerosi articoli di stampa che tendevano ad accreditare ipotesi (poi rivelatesi inconsistenti) di numerosi gruppi interessati all'acquisto di Sci. Tra questi i 15 investitori che si convinsero ad acquistare. In quella fase gli istituti i più attivi nel disfarsi dei titoli furono il Credito Italiano che ad aprile aveva l'8,66%, l'11 settembre il 4,59 e il 24 settembre lo 0,0% e il Sanpaolo che dal 7,92% di aprile a fine settembre era sceso allo 0,69%. Pressoché unanimi i commenti delle banche coinvolte: «Si tratta di una sentenza criticabile sotto il profilo del diritto. Riteniamo che sussistano gli elementi per ricorrere in Corte di Cassazione».

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