sabato 21 luglio 2007

La mafia e i suoi complici (lettera di G. Caselli)

Lettera di Giancarlo Caselli al Corriere, 19/7/07

Mafia, il puzzo delle complicità e il profumo della libertà

Caro direttore,
Palermo, una capitale europea, come fosse Bagdad. Accadde 15 anni fa, il 19 luglio 1992. Quando in via D' Amelio un' autobomba piazzata da criminali mafiosi fece strage di Paolo Borsellino e dei poliziotti che lo scortavano Paolo Borsellino: «Una di quelle creature rare che ogni tanto il cielo manda su questa terra. Ad una terra che non se la merita». Queste parole di Nino Caponnetto ci interpellano sul che fare per «meritarsi» davvero uomini come Borsellino. Sembrerà una bestemmia, ma sul punto persino la mafia può insegnarci qualcosa. Tre anni fa - ad esempio - la mafia ha «celebrato» a suo modo l' anniversario di via D' Amelio. L' ha celebrato dando fuoco ad una decina di ettari coltivati a grano, ormai prossimi alla mietitura, nella zona di Portella delle Ginestre. «Normale» gesto di protervia delinquenziale? Di più: l' avvio di una strategia di aggressione contro le Cooperative con le quali giovani coraggiosi si organizzano per lavorare le terre confiscate ai mafiosi. In un territorio dove l' egemonia mafiosa impedisce ogni regolare sviluppo dell' economia, violentando il futuro di intiere generazioni, queste Cooperative esprimono una grande voglia di riscatto, sono la tangibile speranza di un forte rinnovamento sociale e culturale. È per ricacciare indietro riscatto e speranza che gli attacchi (incendi e danneggiamenti) cominciati tre anni fa si sono via via intensificati ed estesi. Ecco allora che anche la belva mafiosa può insegnarci qualcosa. Può aiutarci a capire che non teme i proclami, ma le azioni positive. Come quelle delle Cooperative, appunto. Perché l' olio, il vino e la pasta prodotti coltivando le terre confiscate ai mafiosi sono antimafia robusta e concreta. La dimostrazione che la legalità - oltre che manette - può essere piattaforma di lancio per diritti, opportunità, migliore qualità della vita. Quei prodotti sono sintesi di dignità e indipendenza conquistate col lavoro. Sono recupero (parziale ma simbolicamente sempre più significativo) delle ricchezze rapinate dalla mafia alla collettività mediante il sistematico drenaggio delle risorse e la «vampirizzazione» del tessuto economico legale, a forza di estorsioni, usure, truffe, appalti truccati, tangenti, riciclaggio Dunque, un modo serio per fare memoria di Paolo Borsellino (per «meritarci» tutti i morti di mafia che hanno dato la vita per il nostro Paese - in segno d' amore - come testimonianza della loro fede laica o religiosa) è anche sostenere queste Cooperative e tutte le attività finalizzate al reimpiego a fini socialmente utili dei beni confiscati ai mafiosi, in forza della legge 109 del 1996 per la quale «Libera» (l' associazione guidata da Luigi Ciotti) raccolse a suo tempo oltre un milione di firme. Un altro modo per «meritarsi» Paolo Borsellino è fare tesoro delle parole che egli, pochi giorni prima di essere ucciso, pronunziò alla commemorazione di Giovanni Falcone organizzata dall' Agesci di Palermo, nel trigesimo della strage di Capaci. Borsellino (che sapeva di essere condannato a raggiungere l' amico) consegnò ai giovani un suo testamento spirituale, secondo cui «la lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti aiutasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell' indifferenza, della contiguità e quindi della complicità». Dopo le stragi, per un certo periodo (due/tre anni) sembrò che questo puzzo potesse finalmente scomparire. Oggi, invece, lo si sente di nuovo. Vi sono politici, amministratori, imprenditori, operatori economici, medici che ancora intrattengono - abitualmente - proficui rapporti, d' affari o di scambio, con mafiosi o con stabili collaboratori dell' organizzazione. Queste vergognose complicità o contiguità dovrebbero far rizzare i capelli in testa a tutti. Invece, quelli che si indignano sono sempre di meno. Meglio turarsi il naso fingendo di non sentire il puzzo. O cercare di esorcizzarlo autoconvincendosi che così va il mondo. Intanto, chi viene colto con le mani nel sacco può sempre contare sulla solidarietà dei suoi capi cordata, locali e nazionali. Come se la verità e certa politica fossero diventate incompatibili. Come se certa politica - autoassolvendosi in perpetuo - volesse stingere, fino a cancellarle, le frontiere fra lecito ed illecito, morale ed immorale. Ma così, invece di «meritarsi» Paolo Borsellino, si disperde la ricchezza che nasce dal suo sacrificio. Si calpestano la sua esperienza e la sua memoria. E le mafie prosperano.

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