martedì 24 luglio 2007

L'indulto un anno dopo. Di Pietro: "E' stato utile soltanto per Previti e soci"

Grazie all'indulto sono usciti dalle carceri 26.570 persone: 5.528 sono già ritornate dentro. L'analisi di Guido Ruotolo, Stampa, 24/7/07
Per Antonio Di Pietro, il provvedimento è stato approvato per un evidente conflitto di interessi della classe politica.

Di Pietro: "Utile soltanto a salvare Previti e soci"
Ministro Antonio Di Pietro, un anno dopo l’entrata in vigore dell’indulto, è cambiata la sua posizione? «Ero, sono e sarò sempre contrario. L’indulto è stato proposto e attuato con una motivazione di fondo: decongestionare le carceri e fare stare meglio i suoi abitanti, i detenuti e gli operatori penitenziari».

Oggettivamente, ministro, da questo punto di vista l’indulto ha centrato i suoi obiettivi.
«Oggi le carceri scoppiano nuovamente e chi si trova al loro interno sta male ugualmente. Un anno dopo, se dovessimo ritenere valide quelle motivazioni nobili che portarono il Parlamento a varare l’indulto, dovremmo rifare un nuovo provvedimento di clemenza. La verità è che all’epoca, un anno fa, fu fatto l’indulto anche per inconfessabili motivazioni ignobili».

Quali?
«Far evitare il carcere a chi doveva scontare una pena, da Previti a compagnia bella. Con l’indulto, ricordo, si è anche stabilita la regola per cui chi veniva condannato a una pena inferiore ai tre anni, di fatto poteva non essere raggiunto da provvedimento di esecuzione pena. Insomma, chi doveva affrontare la detenzione per Tangentopoli varie lo ha evitato».

Faccia qualche esempio.
«I furbetti del quartierino».

Ministro, l’indulto è stato il primo passo falso del governo e della maggioranza?
«Sì, è stato il primo errore del governo e della maggioranza parlamentare. L’errore oserei dire strutturale, di credibilità sta nel non avere attuato una politica giudiziaria in discontinuità con il governo di centrodestra. Penso all’indulto, appunto, che non andava fatto, alla riforma dell’ordinamento giudiziario del ministro Castelli che - stavo dicendo avevamo messo a verbale - avevamo scritto nel programma avremmo cambiato in sette giorni e invece l’abbiamo modificato in modo tale da scontentare la magistratura. Posso proseguire?».

Ministro la sua è una requisitoria implacabile contro il governo e la maggioranza di cui fa parte. Tant’è, continui...
«In termini di politica giudiziaria non abbiamo accorciato per niente i tempi del processo. Risorse per la giustizia per far funzionare le strutture non se ne sono viste. Nel merito poi siamo stati contigui al centrodestra. Anzi, in questi ultimi giorni siamo andati oltre: rispetto alla Casa delle libertà che ha sempre criminalizzato e delegittimato i magistrati che indagavano per esempio politici di quella parte, allo stesso modo si sta comportando il centrosinistra in questi giorni criminalizzando i comportamenti dei magistrati e arrivando al punto che un Guardasigilli, con il consenso di ampie parti della maggioranza, sindaca un atto e non un comportamento di un giudice, il gip di Milano Clementina Forleo, arrogandosi il ruolo di supergiudice che può sindacare un atto giurisdizionale di un altro giudice».

Fin qui la requisitoria. Non vede neppure un’attenuante per evitare l’ergastolo all’imputato governo? Per esempio, le Forche Caudine del Senato?
«La credibilità del centrosinistra è stata minata non perché al Senato c’è un voto di differenza ma perché le decisioni che prendiamo sono di compromesso al ribasso, scollegate dalla volontà collettiva della maggioranza».

Siete in un cul de sac?
«Proprio per questo dico che dobbiamo essere coerenti. Quel voto in più sarebbe tale anche senza compromessi al ribasso. Per questo penso che quando si dovrà discutere le autorizzazioni all’utilizzo delle intercettazioni telefoniche del caso Unipol-Bnl-Antonveneta, sarebbe utile anche per i diretti interessati dare il via libera. Alla fine, per riconquistare una credibilità occorre solo avere coraggio».

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